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Per Facebook Cambridge Analytica non è come tutti gli altri scandali #prospettive

Pubblicato su INFORMAZIONE 24 in: HI-TECH
Con questo articolo inauguriamo la rubrica #prospettive, un nuovo spazio giornalistico con cui vogliamo offrirvi uno sguardo d’insieme sui grandi temi del mondo digitale e connesso. Un’opinione esterna sulla tecnologia e sul suo impatto sulla società al netto delle specifiche e dei dettagli tecnici. Per unire quei puntini che, se osservati singolarmente e solo da vicino, non rivelano l’immagine nella sua interezza.
Niccolò
Alla fine di marzo, mentre già infuriava lo scandalo Cambridge Analytica, è emerso un memo datato 2016 e firmato da Andrew “Boz” Bosworth, top manager di Facebook a capo della divisione hardware. Nella nota il dirigente suggeriva una visione machiavelliana della mission aziendale: connettere sempre più persone è l’unica cosa che conta, anche a costo di impiegare pratiche scorrette, anche se gli strumenti che l’azienda mette a disposizione degli utenti possono rivelarsi pericolosi o fatali, fomentare l’odio, favorire comportamenti antisociali. Non c’è confine etico che tenga, insomma, se il risultato ultimo è un mondo più connesso.
Dopo la pubblicazione del memo su Buzzfeed, Boz si è affrettato a spiegare che quel testo era stato scritto a fini provocatori, per scatenare un dibattito interno. Presa fuori contesto, ha aggiunto, la nota dipinge un quadro distorto, che non rispecchia realmente il credo dell’azienda. Il CEO Mark Zuckerberg, dal canto suo, ha subito precisato di non condividere nulla di quelle posizioni e che no, per Facebook il fine non giustifica i mezzi. “L’intento del post era provocatorio”, ha scritto poi Boz in un tweet. “È stata una delle cose più impopolari che io abbia mai scritto e il dibattito che ne è seguito ha contribuito a migliorare i nostri strumenti”.